L’estensimetro elettrico a resistenza è basato sulla misura della variazione di resistenza subita da conduttori soggetti a deformazione. Il primo a menzionare quest’effetto fu Wheatstone, anche se la sua scoperta è attribuita a Lord Kelvin. Parlando di estensimetri, occorre tenere a mente questi due principi:
– La resistenza elettrica dei materiali conduttori varia con la deformazione.
– All’interno di limiti definiti, la relazione tra variazione di resistenza e deformazione appare lineare.
È sufficiente, quindi, incollare sul componente un filo conduttore e misurare la variazione di resistenza dovuta alla deformazione che il componente deformato trasmette al filo. L’applicazione pratica del suddetto principio di misura si ottiene solo alla fine degli anni ’30, con l’introduzione commerciale degli estensimetri elettrici a resistenza, la cui invenzione è accreditata a Simmons e Ruge.
Un estensimetro elettrico a resistenza è costituito da una griglia estensimetrica disposta su un supporto che viene applicato alla struttura mediante un adesivo. L’installazione, poi, è completata da un protettivo. La struttura trasferisce la deformazione l’adesivo ed il supporto alla griglia estensimetrica.
Tramite conduttori terminali questa viene, infine, inserita nel circuito di misura della resistenza. Dalla misura di variazione di resistenza subita dalla griglia si risale così alla deformazione. I componenti standard di un estensimetro sono quindi la griglia estensimetrica, il supporto, l’adesivo e il protettivo.
La sensibilità di deformazione è la caratteristica fondamentale della lega estensimetrica che compone la griglia. In pratica, questa sensibilità è il rapporto tra la variazione relativa di resistenza elettrica di un filo di lega estensimetrica e la deformazione assiale agente su quest’ultimo. Mentre la variazione di resistenza è dovuta alle dimensioni e alle resistività del filo.
È inoltre corretto affermare che la sensibilità alla deformazione è la somma di due effetti: l’effetto geometrico e quello piezoresistivo. Il primo è dovuto alla variazione delle dimensioni del filo, mentre il secondo si lega alla variazione della resistività con la deformazione. In genere si afferma, come sostiene Bridgman, che l’effetto piezoelettrico sia collegato alla variazione di volume del conduttore. In campo elastico, quindi, è sempre presente, ed è più influente dell’effetto geometrico.
Due tipologie di griglia dividono gli estensimetri in due macro-categorie: gli estensimetri a filo e gli estensimetri a griglia.
Nel caso degli estensimetri a filo, la griglia è composta da un sottile filo, ed è tendenzialmente continua, con rapporti semicircolari. È comunque importante considerare come, in passato, sono state sperimentate varie tipologie di griglie. Un esempio può essere la griglia con raccordi retti di filo più grosso, con l’obiettivo di diminuire la sensibilità trasversale.
In ogni caso, gli estensimetri a filo sono stati sostituiti da quelli a lamina. Negli estensimetri di questo tipo la griglia è per l’appunto composta da una lamina, sagomata per mezzo di un processo di fotoincisione o tranciatura. Il fatto che gli estensimetri a lamina abbiano soppiantato quelli a filo, è ovviamente determinato dal fatto che, rispetto a questi ultimi, gli estensimetri a lamina presentano diversi vantaggi.
Tanto per cominciare, presentano un rapporto più elevato tra la superficie laterale e quella trasversale della griglia. Di conseguenza, la tensioni tangenziali trasmesse dalla deformazione della struttura alla griglia, presentano un valore decisamente ridotto. La dispersione del calore è inoltre migliore, per cui è possibile aumentare la tensione di alimentazione dell’estensimetro. La sensibilità trasversale più bassa, poi, è più bassa per via dei raccordi trasversali di resistenza elettrica trascurabile. Vi sono, infine, la possibilità di ottenere basi di misura di qualche decimo di millimetro, e la possibilità di sagomare la griglia scegliendo la configurazione più opportuna.
La griglia è attaccata ad un componente fondamentale per l’estensimetro, ovvero il supporto. Le sue funzioni principali sono quelle di trasmettere la deformazione della struttura alla griglia, isolarla elettricamente e, infine, proteggerla. È necessario che il supporto presenti dimensioni più estese della griglia affinché possa trasmettere la deformazione della struttura senza effetti di bordo. La scelta del materiale che compone il supporto è dettata in base alle esigenze e dalle condizioni ambientali di prova.
I supporti in carta – adatti esclusivamente a prove a temperatura ambiente – e quelli in resina acrilica sono stati sostituiti da quelli in resina poliammidica. Quest’ultima, infatti, presenta tutte le caratteristiche ottimali alla causa: stabilità, resistenza, flessibilità ed elasticità – per una deformazione fino al 20%. Rafforzata con fibre di vetro può, inoltre, sopportare temperature anche molto elevate: fino a circa 300 gradi.
Nei casi in cui, invece, si cercano una maggiore stabilità – a causa delle condizioni ambientali avverse, oppure alla lunga durata dei processi – si utilizzano supporti di resina epodossica, fenolica oppure epossi-fenolica rinforzati con fibra di vetro. Si tratta di supporti più stabili, tuttavia più fragili e meno deformabili. Supporti addati, quindi, a situazioni molto specifiche.
Quando si incorre in temperature superiori ai 300-330 gradi si utilizzano estensimetri privi di supporto: estensimetri a griglia libera, collegati alla struttura tramite un cemento ceramico con la funzione sia di supporto che di adesivo. Infine, per prove in ambienti particolarmente ostili si possono sviluppare estensimetri con supporti secondari in acciaio, saldati alla struttura. In casi come questo, il range di temperatura ammissibile è conseguente al supporto primario con cui viene applicata la griglia alla piastrina d’acciaio.
La superficie del composito è quasi sempre irregolare. Pertanto, prima di applicare l’estensimetro occorre riempire i vuoti: l’obiettivo è quello di trasformarla in una superficie liscia. Gli adesivi hanno uno standard di spessore che non deve essere superato. Perciò la cosa più semplice è riempire i vuoti con la stessa resina della matrice.
Il principio per capire se occorre riempire i vuoti o meno è il seguente: la tessitura del composito non può, a seguito dell’applicazione, trasferirsi all’estensimetro. Durante le prove di routine si utilizza, tendenzialmente, il cianomonoacrilato. Per temperature di prova criogenica invece sono preferibili gli adesivi epossodici e quelli epossi-fenolici.
Lo scopo del protettivo è quello di proteggere l’intera installazione estensimetrica da agenti esterni. Alcuni esempi possono essere l’umidità, i liquidi o varie eventualità compiute dalle azioni meccaniche. In particolare l’umidità rappresenta un problema sia per la resistenza elettrica di isolamento, che sulle caratteristiche di resistenza dell’adesivo.
Le tipologie di protettivi da utilizzare dipendono dalle condizioni di prova e da quelle ambientali, quindi è una questione di durata, umidità e temperatura… In condizioni normali, per esempio, in laboratorio, con delle celle di carico, è sufficiente utilizzare un sottile strato di silicone bianco.
Tuttavia, con l’aumentare delle difficoltà legate alle condizioni ambientali, è necessario scegliere protettivi adeguati alle condizioni da affrontare. Un esempio inerente ad altri casi può essere l’utilizzo della resina nitrilica: quest’ultima, infatti, sopporta temperature che vanno dai -250 gradi fino ai 150, proteggendo agenti esterni quali umidità, olio e solventi.